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Cocer: sindacato giallo, Rappresentanza grigia o fiancheggiatori?

 

Roma, 16 gen – (di Antonello Ciavarelli) Negli ultimi tempi si sente sempre più spesso usare l’espressione “sindacato giallo” nei confronti della Rappresentanza militare.Che la rappresentanza non sia un sindacato è pacifico, ma è indubbio che certe anomalie e determinati comportamenti la espongano ad essere paragonata a quei sindacati più “fiancheggiatori” del padrone che difensori dei lavoratori. Non mi riferisco al fatto che alcuni presidenti delle Sezioni dei Consigli Centrali (Cocer) ricoprono incarichi di vertice in ambito gestione del personale, ma ad un certo atteggiamento di soggezione, psicologica e non solo, che alcuni delegati, a volte la maggioranza, rischiano di far apparire a nome di tutto il Consiglio nei confronti dei vertici.

Gli episodi che potrei citare sono molti. Per limitarmi al solo Cocer Marina vorrei ricordare la personale presa di distanza dal Consiglio riguardo la recentissima vicenda dell’affidamento alla società Eudaimon delle attività in materia di benessere del personale di cui il Cocer stesso dovrebbe essere responsabile e garante. Invece il tutto sta passando addirittura con il sostegno dello stesso Cocer che ritiene non ci sia nessuno all’altezza della situazione (delegati compresi). Quindi si sta affidando un’occasione d’oro ad una ditta estranea all’amministrazione, addirittura pagandola con i fondi del benessere del personale.

Su un piano diverso, e a mio avviso, più grave è la vicenda che mi coinvolge direttamente, ma credo che abbia una valenza che va certamente oltre il caso personale perché investe allo stesso tempo l’autonomia dei delegati, garantita dalla legge ma anche dal semplice senso comune, e la credibilità dell’organo di rappresentanza. La riassumo rapidamente. Lo scorso giugno il quotidiano Libero pubblica delle mie dichiarazioni sulla necessità di una norma per finanziare “Mare Nostrum”. Il giornalista aggiungeva delle dichiarazioni non riferite a me, assimilando le attività di Guardia Costiera e Marina Militare a quella degli scafisti. Ma era un suo pensiero, come appariva evidente da una analisi logica dal contesto dell’articolo. Probabilmente bastava una puntualizzazione al giornale con la mia personale attiva condivisione e con un pensiero di riconoscenza agli equipaggi tutti, per chiudere il discorso. Per il Cocer Marina, invece no.

Mentre si era convocati al Cocer Interforze che, secondo le stesse convocazioni del Capo di Stato Maggiore, hanno prevalenza su quella di sezione, il Cocer Marina si riuniva in fretta e furia al Ministero della Marina, fisicamente ben distante, per approvare a mia insaputa un comunicato stampa contro la mia persona e quindi contro la mia funzione di delegato. Tra l’altro tutta la dinamica è stata riportata negli stessi verbali, approvati dagli stessi delegati. Tutto ciò violando in maniera evidente una serie di norme procedurali (e sappiamo bene quanto il rispetto delle regole sia importante per una democrazia).

Letto l’articolo ho preso le personali pubbliche distanze dal giornalista con un comunicato stampa affermando viceversa il mio pensiero, che era in linea con quanto espresso dal Ministro durante la festa della Marina. Naturalmente la cosa mi amareggia molto, anche se non credo abbia intaccato la mia credibilità di delegato (lo testimonia d’altronde la delibera di sostegno delle Rappresentanze delle Capitanerie di Porto). Ma ad uscirne sicuramente danneggiate sono la credibilità e la stessa residua autorevolezza del Cocer. Nel momento in cui l’autonomia e la parola di un delegato vengono messe in causa senza ragioni e senza basi reali dall’organismo stesso di cui egli fa parte, viene uccisa una parte di quello stesso organismo. Infatti conseguenza inevitabilmente è il fatto che la gente comincia a interrogarsi sulle ragioni di un comportamento così anomalo da parte del Consiglio stesso. La domanda che sorge spontanea, la stessa che del resto mi sono fatto io all’inizio, è “cui prodest“, a chi conviene? Non voglio neppure pensare che sia stato il frutto di un ordine o un suggerimento diretto, ma l’impressione che si ha è che sia da ricondursi piuttosto ad una mentalità mai sconfitta, dell’anticipare i desideri o quelli che si suppongono essere i desideri dei capi. Comportamenti che rischiano di dare l’impressione al personale rappresentato di un servilismo non sempre consapevole, ma sempre certamente colpevole.

Se dopo casi come questo non segue una profonda riflessione, chi ci garantisce che non accada anche ad altri colleghi ed anche ad altri livelli?

Si parla di rappresentanza o sindacato. In questo periodo si discute in Parlamento su tali norme. L’attuale sistema necessita sicuramente di un miglioramento nei diritti e nelle tutele, ma tutelati da chi? Dalla legge del più forte espressa all’interno del Consiglio? E questa volontà è espressione di…… chi? La volontà espressa da una categoria nell’eleggere per diversi mandati un delegato per rappresentare quanto richiestogli, come può essere garantita all’interno di tali meccanismi? Con il sindacato probabilmente non accadrebbe. Ma basterebbe? Per far questo sicuramente bisognerà essere svincolati da eventuali condizionamenti della linea gerarchica, non solo per le ripercussioni che ci possono essere in carriera a causa di comportamenti non graditi al “sistema”, ma anche per i “premi” che certi comportamenti potrebbero produrre.

Tutto ciò fermo restando che l’azione, non solo etica ma soprattutto morale, deve prevalere nel comportamento del delegato, altrimenti, come diceva uno dei “padri della Rappresentanza” e segretario interforze nel IX mandato, “anziché riformare la rappresentanza sarebbe necessario riformare prima i delegati”.


ciavarelli150 Antonello Ciavarelli

Delegato Cocer Interforze della Guardia Costiera – Marina militare

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