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Il divieto generale di costituire sindacati all’interno delle forze armate francesi è contrario alla Convenzione

COMUNICATO STAMPA

Il divieto generale di costituire sindacati all’interno delle forze armate francesi è contrario alla Convenzione

La Corte europea dei diritti dell’uomo ha emesso oggi (2 ottobre 2014) la sentenza nel caso Matelly vs Francia (ricorso n. 10609/10).

Il caso riguardava il divieto assoluto di costituire sindacati all’interno delle forze armate francesi.
La Corte ha ritenuto, all’unanimità, che vi è stata: una violazione dell’articolo 11 (libertà di riunione e di associazione) della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.

La Corte ha rilevato, in particolare, che la decisione delle autorità nei confronti del sig. Matelly (relativo all’ordine di dimettersi da una associazione di cui era membro) pari al divieto assoluto per il personale militare di costituire un sindacato di categoria, finalizzato a difendere i loro interessi professionali e non i loro interessi economici, e che, i motivi di tale decisione non erano stati né pertinenti né sufficienti. Essa ha concluso che, mentre l’esercizio del diritto di libertà di associazione da parte del personale militare potrebbe essere soggetto a restrizioni legittime, un divieto generale di formare o aderire ad un sindacato usurpa dell’essenza stessa di questa libertà, ed è quindi vietata dalla Convenzione.

I fatti principali

Il ricorrente, Jean-Hugues Matelly, è un cittadino francese nato nel 1965 che vive a Le Plessis-Robinson (Francia). E’ un ufficiale della gendarmeria che ha lavorato come ragioniere nella Gendarmeria della Regione Piccardia dal 2005. Egli è anche un ricercatore associato in un laboratorio affiliato al Centro nazionale francese per la ricerca scientifica (CNRS).

Nell’aprile 2007 è stato creato un forum su internet dal titolo “Gendarmi e cittadini” (gendarmi et citoyens); il Signor Matelly era iscritto come amministratore e moderatore di uno spazio destinato a consentire ai gendarmi e ai cittadini di esprimersi e scambiarsi le opinioni. Verso la fine di marzo del 2008 è stata costituita un’associazione dal nome “Forum per i Gendarmi e i cittadini” (Forum gendarmi et citoyens) per fornire un quadro giuridico a questo forum; il Signor Matelly ne era un membro fondatore e successivamente il vice-presidente. Così come i civili e gendarmi in pensione, anche altri gendarmi in servizio sono stati coinvolti nell’associazione in qualità di membri, ed alcuni di loro sedevano anche nel consiglio di amministrazione.

Il 6 aprile del 2008 il Signor Matelly ha informato il direttore generale della gendarmeria nazionale che l’associazione era stata costituita, precisando che il suo scopo primario era quello di comunicazione.

Il 27 maggio 2008, il giorno dopo l’annuncio ufficiale che l’associazione era stata costituita, il Direttore Generale della Gendarmeria Nazionale ha condannato il sig Mattely e gli altri gendarmi in servizio che erano membri dell’associazione di dimettersi immediatamente. Questo comandante anziano ha ritenuto che l’associazione sembrava un gruppo sindacale di categoria e che ciò era vietato ai sensi dell’articolo L. 4121-4 del Codice della difesa, a causa dell’inserimento nella definizione degli obiettivi dell’associazione anche quello di “difendere la situazione patrimoniale e non patrimoniale dei gendarmi”.

Il 28 maggio 2008 il sig Matelly ha scritto al Direttore Generale informandolo che l’associazione era disposta a modificare i riferimenti ambigui nel suo atto costitutivo, alla luce degli obblighi militari.

Il 5 giugno 2008 il Signor Matelly si è dimesso dall’associazione. Il 26 luglio 2008 il Consiglio di amministrazione dell’associazione ha rimosso il riferimento a “difendere la situazione patrimoniale e non patrimoniale di gendarmi” nello statuto dell’associazione.

Il 26 febbraio 2010 il Consiglio di Stato ha respinto la domanda di rivedere giuridicamente il provvedimento di dimissioni che era stato inviato al sig Matelly ed agli altri gendarmi in servizio, membri dell’associazione.

Procedura e composizione della Corte

Invocando l’articolo 11 della Convenzione (libertà di riunione e di associazione), il sig Matelly ha lamentato un’ingerenza ingiustificata e sproporzionata nell’esercizio della sua libertà di associazione. Il Signor Matelly ha anche denunciato una violazione dell’articolo 10 (libertà di espressione), riguardo al fatto che nessuno dei documenti che sono stati pubblicati dall’associazione ed al quale aveva contribuito erano stati contestati dalle autorità militari. Infine, ai sensi degli  articoli 6 § 1 (diritto ad un equo processo) e 13 (diritto ad un ricorso effettivo), si lamentava che il procedimento dinanzi al Conseil d’État era stato ingiusto.

Il ricorso è stato presentato alla Corte europea dei diritti dell’uomo, il 6 febbraio 2010.

La sentenza è stata data da una Camera di sette giudici, composta come segue:

  • Mark Villiger (Liechtenstein), Presidente,
  • Ann Power-Forde (Irlanda),
  • Ganna Yudkivska (Ucraina),
  • Vincent A. de Gaetano (Malta),
  • André Potocki (Francia),
  • Helena Jäderblom (Svezia),
  • Aleš Pejchal (Repubblica Ceca),
  • e anche Claudia Westerdiek, cancelliere di sezione.

Decisione della Corte

Articolo 11

La Corte ha deciso di esaminare le denunce di cui agli articoli 10 e 11 esclusivamente dal punto di vista dell’articolo 11. Quest’ultimo articolo garantisce il diritto alla libertà di associazione, di cui la libertà sindacale è un aspetto.

La Corte ha sottolineato che le disposizioni dell’articolo 11 non escludono alcuna attività professionale o di ufficio dal suo ambito di applicazione. Queste si limitano a porre una condizione, in particolare per i membri delle forze armate, riguardo alle “restrizioni legislative” che potrebbero essere imposte dagli Stati. La Corte ha ribadito che queste “restrizioni legislative” devono essere interpretata rigorosamente ed essere limitate all'”esercizio” dei diritti in questione, e non devono mettere in pericolo l’essenza stessa del diritto di organizzarsi. A questo proposito, la Corte ha sottolineato che il diritto di formare e aderire ad un sindacato è stato uno degli elementi essenziali della libertà in questione.

Per quanto riguarda il caso del sig Matelly, la Corte ha ritenuto che l’ordine di dimettersi dall’associazione “Forum per i Gendarmi e i cittadini” è pari ad interferire con l’esercizio dei suoi diritti garantiti dall’articolo 11. Questa interferenza era stata prescritta dalla legge, dal momento che il codice della difesa distingue tra l’appartenenza ad associazioni ordinarie, le quali sono autorizzate, e l’appartenenza a gruppi professionali che sono invece proibite. Inoltre, il Consiglio di Stato ha stabilito che un’associazione che viene costituita per difendere gli interessi economici e non economici del personale militare appartiene a questa seconda categoria.

Ritenendo che tale divieto persegua uno scopo legittimo, vale a dire la conservazione dell’ordine e della disciplina necessarie nelle forze armate, di cui la gendarmeria fa parte, la Corte ha poi esaminato se tale ingerenza fosse necessaria in una società democratica. Ha rilevato, in via preliminare, che le disposizioni del codice della difesa, sulla base del quale l’ordine di dimissione dato al sig Matelly era stato preso, proibirscono al personale militare, così semplicemente, di unirsi a ciascun gruppo sindacale. Mentre la Corte ha osservato che lo Stato francese ha messo in atto organismi e procedure per tener conto delle preoccupazioni del personale militare, si è tuttavia ritenuto che tali istituzioni non sostituiscono la libertà di associazione del personale militare, una libertà che comprende il diritto di formare sindacati e di aderirvi. La Corte è consapevole del fatto che la particolare natura della missione delle forze armate necessita che l’attività sindacale

  • – che, nell’adempiere il suo scopo, potrebbe portare alla luce l’esistenza di opinioni critiche riguardanti alcune decisioni che hanno interessato la situazione morale e pecuniaria del personale militare
  • – deve essere adattata a queste particolari circostanze. Ha, quindi, sottolineato che, a norma dell’articolo 11, le restrizioni, anche quelli importanti, potrebbero essere imposte sulle forme di azione ed espressione di una associazione professionale a condizione che tali restrizioni non privino il personale militare del diritto generale di associazione in difesa dei loro interessi professionali e non pecuniari.

Tuttavia, la Corte ha rilevato che l’ordine che il sig Matelly ha avuto di dimettersi dalla associazione era stata presa sulla sola base del suo atto costitutivo e l’eventuale esistenza, in una relativamente ampia interpretazione del suo scopo, di una dimensione sindacale. Inoltre, le autorità non avevano avuto riguardo all’impegno da parte del signor Matelly di rispettare i suoi obblighi modificando il regolamento/statuto dell’associazione.

In conclusione, la Corte ha ritenuto che i motivi invocati dalle autorità per giustificare l’interferenza nei diritti del si
g Matelly non sono stati né pertinenti né sufficienti, visto che la loro decisione è pari a un divieto assoluto rivolto al personale militare che decide di unirsi in un sindacato di categoria costituito per difendere gli interessi professionali e non pecuniari. Questo divieto generale di formare o aderire a un sindacato usurpa l’essenza stessa della libertà di associazione, e non può essere considerato proporzionato e non è quindi “necessario in una società democratica”. Ne consegue che vi è stata una violazione dell’articolo 11.

Altri articoli

La Corte ha esaminato le denunce del signor Matelly ai sensi degli articoli 6 e 13 della Convenzione sotto il solo Articolo 6. Non si è riscontrato alcun aspetto di violazione in questo contesto, e il problema è stato pertanto respinto in quanto manifestamente infondato.

Just satisfaction (articolo 41)

La Corte ha dichiarato che la Francia dovrà versare al sig Matelly 1400 € (euro) per i costi e le spese processuali.

Giudizi separati

Il Giudice De Gaetano, insieme al giudice Power-Forde, ha espresso un parere separato. Questa opinione è allegata al giudizio.

Giudizio ADEFDROMIL c. Francia (n. 32191/09)

La Corte ha emesso oggi (2 ottobre 2014) una sentenza anche nel caso di ADEFDROMIL vs Francia, reltiva sempre alla questione del divieto di costituzione dei sindacati all’interno delle forze armate francesi.

L’associazione ricorrente, l’Association de Défense des Droits des Militaires (Associazione per la Protezione dei Diritti del personale militare, ADEFDROMIL), era stata istituita nel 2001 da due militari, il capitano Bavoil (quindi un ufficiale in servizio) e il maggiore Radajewski, con lo scopo statutario di “esaminare e difendere i diritti collettivi o individuali e pecuniaria, occupazionali e non gli interessi economici del personale militare”. Da giugno 2007 in poi, l’associazione ricorrente ha presentato più domande per una revisione giudiziaria, per motivi di abuso di autorità, contro le decisioni amministrative che avevano un effetto negativo sulla situazione economica e non del personale militare. Il Conseil d’État ha respinto queste applicazioni adducendo che l’associazione ricorrente era in violazione delle disposizioni di cui all’articolo L. 4121-4 del Codice della difesa, e, che di conseguenza, non aveva diritto di chiedere che le decisioni in questione venissero annullate.

In questo caso, la Corte ha concluso, all’unanimità, che vi era stata una violazione dell’articolo 11 riguardo al divieto generale che proibisce al personale militare la formazione o di far parte di organi sindacali.

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