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Militari contaminati dall’uranio. C’è un altro caso tra i baschi amaranto

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Militari contaminati dall’uranio. C’è un altro caso tra i baschi amaranto – Cronaca
La Nazione

Livorno, 19 febbraio 2016 – «Partiva ogni volta con il sorriso sulle labbra, convinto dei valori nei quali credeva e sicuro di portare aiuto a tante persone in difficoltà». Non ha più lacrime da versare, Stefania Volpi, moglie del maresciallo aiutante Mario Mele, 59 anni, di stanza a Livorno. Un uomo, un soldato, oggi inchiodato in un letto in condizioni gravissime nella sua casa di Casciavola, nel comune di Cascina, alle porte di Pisa. Il tumore ha dilagato senza freni piegando anche una fibra fortissima come quella di questo basco amaranto innamorato della vita e del suo lavoro. In casa è un via vai di amici, colleghi e parenti che vogliono essere vicini a Stefania e ai due figli, adulti, della coppia. Una vicenda drammatica sulla quale aleggia, ancora una volta, un terribile sospetto, quello di una malattia contratta per colpa dell’uranio impoverito, alle cui polveri migliaia di militari italiani in missione sono rimasti esposti durante le missioni internazionali.

kosovo, Afghanistan, Iraq, Albania, Somalia: il maresciallo Mele, di stanza a Livorno è stato impiegato praticamente in tutti gli scacchieri di crisi, fuori casa per tanto tempo, anche 6-8 mesi alla volta prima di rientrare. Una passione, quella per la divisa, che lo aveva attirato fin da ragazzo: «Aveva fatto domanda per la polizia e per i paracadutisti, che risposero per primi e così questa è diventata la scelta della sua vita. Era contento, soddisfatto, convinto di quello che faceva. Lo capivo dai suoi racconti, ogni giorno, quando ci sentivano al telefono. Si occupava della distribuzione dei viveri ai civili» continua la moglie: «Però mi riferiva che non avevano protezioni», cioè tute, maschere ed equipaggiamento «anti-Nbc-nucleare batteriologico chimico del quale invece disponevano ad esempio i soldati statunitensi quando operavano su territori contaminati dalla polvere rilasciata da quei proiettili» afferma Domenico Leggiero dell’Osservatorio Militare, l’associazione che tutela i militari malati per l’esposizione all’uranio impoverito e assiste le famiglie nella loro battaglia «contro uno Stato che fino ad oggi ha dimenticato queste persone. Eppure gli Usa avevano informato tutti dei rischi e della necessità di adottare protezioni…».

Anche la famiglia Mele si è affidata all’Osservatorio: «E’ una drammatica contabilità: sono ben 9 i decessi per colpa dell’uranio solo da dicembre ad oggi e quasi 3.800 i malati» osserva Leggiero. Un calvario, quello del maresciallo parà cascinese, iniziato con alcuni dolori allo stomaco, sulle prime ritenuti senza peso e poi culminati in una terribile diagnosi. Da lì Mario ha iniziato la sua battaglia. «Chiedo verità e giustizia, lo chiedo per i nostri figli e per loro padre, per quello che ha fatto per il suo Paese e perché cose del genere non debbano accadere mai più» dice ancora la moglie.

Le le fa eco Leggiero: «Il percorso è sempre lo stesso. Vengono raccolti campioni di cellule malate per essere sottoposte all’esame nanodiagnostico eseguito a Modena: se troviamo traccia di metalli pesanti riconducibili all’esplosione di munizionamento all’uranio impoverito, abbiamo putroppo la certezza sulle cause della malattia». E fino a oggi si è assistita a una drammatica serie di conferme.

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