Convegni

Relazione del Presidente di As.So.Di.Pro. al Convegno “Le nuove libertà sindacali fra i militari dopo la sentenza della Corte Costituzionale”

2 Marzo 2019

Signori buongiorno,

sono particolarmente onorato di parlare a nome e per conto di Assodipro, una associazione che nell’arco dei suoi 27 anni di vita, ha contribuito fortemente all’affermazione dei diritti politici dei militari italiani attraverso una costante e qualificata presenza in ogni situazione dove c’era bisogno di sostegno sia economico sia umano sia professionale.

Una associazione nata sulla scia delle disavventure di alcuni militari che avevano avuto la sola colpa di chiedere con forza e determinazione il sacrosanto diritto ad essere riconosciuti prima che militari, cittadini di uno stato, vincolati al dettato costituzionale e in piena aderenza ai valori fondanti della Repubblica Italiana.

Cittadini militari che con il loro impegno ma direi con il loro sacrificio messo a disposizione in modo volontario e senza alcun beneficio personale, hanno gettato il seme di una speranza che attraverso la cura e la determinazione ha avuto modo di germogliare, dando il frutto che noi tutti oggi possiamo cogliere, quello del riconoscimento alla propria dignità di cittadini militari.

Sacrifici di non poco conto, chi non conosce la storia di questo sodalizio non sa, non può sapere che dietro questo risultato ci sono state sofferenze umane e familiari di militari perseguitati, isolati, denunciati, internati in ospedali con l’accusa di turbe mentali, sospesi fino ad arrivare in alcuni casi anche alla distruzione dei propri affetti familiari e all’implosione delle proprie condizioni di padri; a questi uomini coraggiosi voglio ricordare qui a voi, il mio grande e rinnovato affetto, rispetto, stima e ammirazione.

La storia di Assodipro è la storia di una libertà conquistata avendo contro prima di tutto una cultura politica fondata su ideologismi, su preconcetti su illazioni, fantasmi, paure; questo sodalizio non ha combattuto contro un nemico che si batteva a viso scoperto, bensì contro i benpensanti, contro una falsa idea di una istituzione che alla fine della seconda guerra mondiale invece di essere riformata, non solo manteneva i suoi regolamenti ormai fuori tempo, ma anche e soprattutto le sue dinamiche gestionali di uno stato dentro lo stato, una sorta di zona franca dove la Costituzione Repubblicana si è dovuta affermare a colpi di sentenze della Corte Costituzionale per ovviare alla mannaia dei tribunali militari usati prevalentemente dai vari comandanti ad ogni livello, per la soppressione di ogni richiesta di dignità dei subordinati.

Questa associazione è la storia di chi ha avuto il coraggio di urlare quando nessuno stava a sentire, di persone che consapevoli di quanto potevano rischiare, incuranti del pericolo, hanno preferito la loro dignità a quella riconosciuta dalla promozione di grado o al benestare e condiscenda delle gerarchie.

Pensare oggi che chiunque può presentare una domanda per farsi riconoscere una associazione sindacale militare senza paura di essere denunciato è una grande soddisfazione; la soddisfazione di non avere speso invano le proprie sofferenze.

Per ricordare, il 27 marzo 1976, tremila militari in divisa, in maggior parte sottufficiali dell’Aeronautica, manifestarono per le strade di Milano, incuranti delle conseguenze che non si fecero attendere con sospensioni, denunce e congedamenti di autorità.

Ma sono stati proprio quegli atti così contrari alla dignità e al rispetto del cittadino militare e del suo diritto di partecipare alla vita sociale del paese perpetrati dalle gerarchie, che generarono forti coesioni solidaristiche; primo atto di orgoglio e dignità fu la sottoscrizione tra militari della categoria dei sottufficiali per garantire a coloro che si presero l’onere di pagare per tutti, lo stesso stipendio che avrebbero percepito in servizio.

Ecco la storia del riconoscimento di questo diritto è iniziata da lì, da quel gesto solidaristico così sentito e vissuto che ancora oggi gli stessi protagonisti di allora continuano a sottoscrivere attraverso il rinnovo della tessera sociale di Assodipro, quindi non più per loro ma affinché quello che successe a loro non si ripeta mai più ad altri.

Non c’è un nome a cui fare riferimento, anche se tra coloro c’è chi ha rischiato e pagato per tutti, c’è invece una identità e una morale a cui ispirarsi ed è il vero motivo della longevità di questa associazione, la solidarietà.

Assodipro conta una adesione fino a 28.000 iscritti nell’arco della sua storia, che le ha permesso attraverso una sottoscrizione volontaria di affrontare molte sofferenze personali di tanti militari con elargizioni di contributi sia per continuare a far sopravvivere le proprie famiglie, sia per curarsi da patologie invalidanti e mortali come l’uranio impoverito o sostenere lunghi iter giudiziari per difendersi da provvedimenti subiti per aver esigito un diritto, fino ad investire una considerevole somma per patrocinare in ogni sede e in ogni grado il riconoscimento al diritto di costituire associazioni di carattere sindacale fino alla nota sentenza della Corte Costituzionale 120 del 2018.

Nel frattempo, mentre tutti erano concentrati sulla riforma della Rappresentanza Militare, Assodipro ha puntato in alto.

Quello di cui ci rammarichiamo e ne soffriamo, è aver raggiunto questo risultato quando molti di quelli che hanno combattuto con tutte le forze e con tutta l’anima, non ce l’hanno fatta.

Emilio Ammiraglia

Vorrei ricordare qui oggi Sisinnio Mura, Carlo di Carlo, Mario Auricchio e Emilio Ammiraglia, a cui vorrei porgere insieme a voi un grande segno di riconoscenza con un applauso, che possa in qualche modo raggiungerli anche simbolicamente.

Un particolare grazie per la sua grande intuizione ed umanità a Emilio Ammiraglia, instancabile Presidente, sempre presente, lungimirante, acuto, che ha lasciato un grande vuoto mai colmato. A lui si deve il percorso che ci ha portato alla storica sentenza della Corte Costituzionale insieme allo storico Presidente Alberto Tuzzi.

A lui si deve la coesione di questa associazione e il cammino che sicuramente saprà ancora fare in molti altri campi del riconoscimento dei diritti dei militari, che certamente non si concluderanno con l’emanazione di una legge per l’esercizio sindacale.

Dico ciò proprio a seguito della lettura dei testi di proposta di legge sulla sindacalizzazione dei militari, là dove ancora dopo aver dimostrato in ogni dove e in ogni ambito la fedeltà dei militari italiani al dettato costituzionale, si paventano limitazioni che hanno il sapore amaro del pregiudizio, lo stesso respirato in quegli anni di forte repressione, in cui non era consentito parlare di diritti, solo di doveri.

In questi giorni alcune forze politiche parlamentari hanno ancora una volta sollevato la cortina di fumo intorno all’idea di costituire sindacati, ci preoccupa fortemente come all’interno di alcuni partiti in una materia così importante, non si hanno idee ben chiare, ovvero le cosi dette posizioni ufficiali.

Peggio ancora, l’entrata nel dibattito sulla materia con slogan inadatti se non addirittura antistorici. Ancora si evocano i fantasmi dell’autorità che possa venir messa in discussione dalla rivendicazione di un qualsiasi diritto della persona.

Signori, l’autorità non la fa la posizione, ma l’autorevolezza; un comandante non ha nulla da temere dall’applicare le norme bensì dal non applicarle. Un comandante è colui che garantisce la legalità, la trasparenza, l’ascolto e il rispetto dei propri subordinati. Un sindacato non è il nemico del comandante, semmai un suo alleato nel far rispettare quello che la legge prescrive.

Sono i regolamenti che dettano la condizione essenziale ed utile per operare in adempimento del proprio dovere, non i sindacati, semmai questi concorrono al rispetto degli stessi e a migliorarli negli aspetti che riguardano la dignità, il decoro e il trattamento delle persone.

Chi evoca fantasmi ha solo paura di non essere all’altezza della legge e dei regolamenti.

E dico che le difficoltà si superano insieme, pensare di gestire senza avere nessuno che ti possa dire dove potresti fare meglio per paura di sbagliare, è la dimostrazione palese di non essere all’altezza del compito che ti è stato affidato.

Oggi non abbiamo bisogno di una subordinazione autoritaria, ma di una subordinazione consapevole, quella di dover assolvere un compito perchè coscienti, consapevoli appunto dei ruoli e delle capacità di saperli svolgere.

Allora, difronte a tale assunto non esiste nessun ostacolo che si possa contrapporre tra il diritto del dovere e il dovere del diritto. Si fa perchè è dovere nell’uno e nell’altro caso.

E proprio nella dinamica di doversi accollare gli oneri oltre che gli onori, piuttosto che correre dietro ad inutili paure, bisognerà adeguare l’organizzazione militare al concetto repubblicano di cittadino militare.

Ci sono cose di fondamentale importanza sottaciute in tutti questi anni e che la cortina di fumo sollevata per non discuterne, nasconde continuamente.

Nessuno ha mai voluto parlare di adeguamento organizzativo del nuovo modello di difesa professionale, adeguandolo compiutamente all’attuale configurazione.

Domanda: chi sono i militari professionisti? All’interno dell’istituzione quali divisioni vigono impropriamente in considerazione che un professionista è tale perchè opera in un contesto a lui esclusivamente delegato?

Che differenza c’è tra un militare di un grado e un militare di un altro grado a parte la responsabilità?

Quali rischi si corrono in un ambiente ostile tali da determinare differenze di trattamento tra gli uni e gli altri?

La domanda che oggi voglio fare a questa platea e al Parlamento è: ha un senso oggi parlare di categorie dividendole con status giuridici diversi? Ha un senso avere stati giuridici uno per ufficiali, uno per sottufficiali e uno per graduati? Sarà forse il caso di arrivare a definire una volta per tutto che un militare della repubblica italiana ha un solo stato giuridico quale quello appunto di militare? Sarà il caso di superare questa logica e entrare concettualmente nel pari dignità con responsabilità diverse e riconosciute attraverso il grado e la giusta retribuzione?

Sarà il caso di programmare un progressivo “turn over” per avere forze adatte ad essere utilizzate per gli scopi che gli si richiedono?

Oppure, si potrebbe ragionare in termini di stabilire standard di qualità di vita adeguati allo sforzo che si chiede a chi opera in nome e per conto del Parlamento e quindi della nazione?

E’ mai possibile che ad oggi ancora non siamo in grado di dire i nomi dei responsabili delle morti inutili per amianto, radiazioni, uranio impoverito, suicidi, ma neanche quello di chiedere almeno scusa ai familiari di chi è rimasto vittima suo malgrado di un “fuoco” amico?

E’ possibile utilizzare militari in scopi che non gli sono propri senza neanche riconoscergli almeno quanto viene riconosciuto ad altri soggetti deputati a compiti simili?

Ad oggi è mai possibile che un qualsiasi comandante può punire un suo subordinato senza una appropriata ed idonea difesa?

E’ mai possibile che ancora sono funzionanti tribunali militari per decidere di cose che una sezione di un tribunale ordinario potrebbe tranquillamente gestire a costi notevolmente minori?

Signori, il problema dobbiamo dircelo così com’è, la paura del sindacato non sarà certo il funzionamento dell’istituzione militare o il mantenimento dell’autorevolezza della gerarchia, il problema vero sarà quello di dover dare risposte e soprattutto di saperle dare.

Quindi un sindacato presume in primo luogo e specie in ambienti delicati come quello delle forze armate, una dirigenza che sia all’altezza della delicatezza del compito istituzionale e la Rappresentanza Militare con la sua struttura e i suoi limiti, funge come la foglia di fico, copre quello che può, ma non tutto.

Quindi un sindacato per i militari non è la malattia, ma la cura all’approssimazione; Un male decisamente peggiore di chi chiede semplicemente rispetto.

Quindi auspico che questo Governo e i Signori Parlamentari, arrivino il prima possibile a definire una legge sui sindacati militari, che possa mettere la parola inizio ad una stagione di forte miglioramento delle condizioni di vita e professionale degli appartenenti alle forze armate italiane.

Grazie a tutti e buon lavoro per rendere migliore questo paese, le nostre vite e le nostre forze armate.

Roma 28 Febbraio 2019

Giuseppe Pesciaioli


Giuseppe Pesciaioli

Presidente di ASSODIPRO dal 25 ottobre 2018.

Laureato in Sociologia Indirizzo Economico ed Organizzativo del Lavoro

Attualmente militare in servizio

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